La validità delle notifiche tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) è un tema cruciale per contribuenti, professionisti e aziende. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 26682 del 14 ottobre, ha chiarito che la notifica inviata da un indirizzo PEC non presente nei pubblici registri può essere considerata valida, a patto che sia certa la riconducibilità dell’atto all’ente mittente e che il destinatario abbia potuto esercitare il proprio diritto di difesa.
Notifica PEC: i riferimenti normativi e i pubblici registri
La normativa prevede che, per essere valida, una notifica tramite PEC debba avvenire utilizzando indirizzi registrati nei pubblici elenchi previsti dalla legge, come l’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC) o il Registro delle Imprese. Tuttavia, la Cassazione ha ribadito che l’elemento essenziale non è esclusivamente l’iscrizione del mittente nei registri, ma il raggiungimento dello scopo della notifica, ovvero la conoscenza dell’atto da parte del destinatario.
Il caso analizzato dalla Cassazione
Il caso oggetto dell’Ordinanza n. 26682 riguardava una cartella di pagamento notificata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione a una società, utilizzando un indirizzo PEC non presente nei pubblici registri. La società, venuta a conoscenza dell’atto solo in seguito a una notifica di pignoramento presso terzi, aveva impugnato la cartella sostenendone l’invalidità.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) aveva rigettato il ricorso della società.
La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva accolto l’appello, annullando la cartella per nullità della notifica, in quanto il mittente non risultava iscritto nei pubblici elenchi.
L’Agenzia delle Entrate Riscossione aveva presentato ricorso per Cassazione, sostenendo che la notifica fosse comunque valida, poiché l’indirizzo PEC utilizzato era riconducibile all’ente mittente e il destinatario aveva potuto conoscere l’atto.
La decisione della Cassazione: quando la notifica è valida
La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione della CTR, affermando che la notifica è valida se:
- l’indirizzo del mittente è chiaramente riconducibile all’ente notificante. Nel caso specifico, l’indirizzo riportava il dominio “pec.agenziariscossione.gov.it”, eliminando ogni dubbio sulla provenienza
- il destinatario ha ricevuto la notifica e ha potuto esercitare il proprio diritto di difesa. Non vi è stata alcuna incertezza sull’oggetto o la provenienza dell’atto.
La Corte ha precisato che la rigida formalità richiesta dall’art. 3-bis della Legge n. 53/1994, riferita alle notifiche effettuate dagli avvocati, non si applica agli enti pubblici come l’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Conclusioni e raccomandazioni
Per i contribuenti, è fondamentale mantenere aggiornato il proprio indirizzo PEC nei pubblici registri e verificare con attenzione le notifiche ricevute, indipendentemente dall’origine del mittente. Per gli enti notificanti, l’utilizzo di un indirizzo PEC ufficiale, seppur non registrato, è sufficiente a garantire la validità dell’atto, a condizione che non vi siano incertezze sulla provenienza.
Questa sentenza offre un orientamento chiaro per professionisti e imprese, sottolineando che, in ambito tributario, la sostanza prevale sulla forma, purché sia garantita la tutela del diritto di difesa del destinatario.
Resta comunque buona prassi affidarsi a consulenti esperti, come i commercialisti, per analizzare i dettagli delle notifiche ricevute ed evitare eventuali contenziosi con gli enti notificanti.