Un nostro lettore Graziano di Cremona ci chiede maggiori informazioni in merito a smart working dipendente pubblico.
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Smart working dipendente pubblico
Ho trovato la vostra rubrica tramite un motore di ricerca. Sono Graziano un dipendente della regione Lombardia.
In questi ultimi anni ha sentito parlare molto di smart working e traggo la conclusione che con tale termine si individuino future tipologie di lavoro che non siano ancorate fisicamente ad una scrivania.
Non capisco bene se quando si parla di smart working si faccia riferimento esclusivamente alle esperienze di lavoro dipendente nel privato oppure si possa prevederne una applicazione anche nel pubblico impiego?
Altra domanda che mi sorge spontanea, la retribuzione sarà la medesima oppure proprio in quanto lavoratori agevolati saranno meno pagati rispetto a coloro che fisicamente vanno in ufficio ogni giorno?
Grazie per le vostre risposte
Graziano – Cremona
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La nostra risposta a Graziano
Ciao Stefano , grazie per la tua domanda relativa a smart working dipendente pubblico.
Molto spesso quando si tratta l’argomento dello smart working si menzionano aziende all’avanguardia tecnologica ma dimentichiamo che un ambito molto interessante di applicazione potrà essere il pubblico impiego.
Vediamo insieme quale è il quadro normativo.
Le singole amministrazioni possono stabilire quali settori possono applicare il lavoro agile, ma in ogni caso quest’ultimo non può comunque coinvolgere più del 10% dei dipendenti.
Questa è la direttiva tra Regioni ed enti locali in Conferenza Unificata.
In tema di smart working applicato al pubblico impiego occorre tenere alta l’attenzione anche sull’applicabilità delle norme contemplato nel Jobs act degli autonomi.
Uno dei passaggi chiave è che chi aderisce allo smart working non può essere penalizzato nè in termini economici nè in fatto di prospettive di carriera.
Ovviamente trattandosi di pubblica amministrazione andranno applicati particolari accorgimenti per quanto riguarda i controlli circa l’operatività del lavoratore.
Per il momento, vista la fase di studio e di startup, la pubblica amministrazione sta studiando un disciplinare nel quale si individuano delle fasce di reperibilità e tutto ciò non può che sorprendere.
Risulta in effetti chiaro che i lavori che possono essere svolti da casa sono quelli che sono oggettivamente misurabili dai risultati e non dalla mera presenza fisica.
Altra questione, puramente di politica italiana, è capire se lo smart working finisca per essere utilizzato per coloro che hanno oggettive difficoltà di movimento.
Non è un caso che fonti sindacali hanno tracciato uno schema di lavoro dal quale emergono criteri di priorità dove si prediligono i dipendenti che si trovano in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare, oltre a quelli impegnati in attività di volontariato.
Un saluto
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