Con l’approvazione del Job Act, alcuni commentatori avevano profetizzato che le nuove disposizioni in materia di collaborazioni autonome avrebbero determinato un aumento del ricorso alle cosiddette partite Iva.
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La legge Fornero
Occorre infatti ricordare che, l’introduzione delle nuove norme, portano come corollario l’abolizione di una disposizione introdotta dalla legge Fornero.
La stessa prevedeva un complesso meccanismo di presunzioni.
Riconduceva alcune tipologie di rapporti instaurati da titolari di partita Iva alla collaborazione coordinata e continuativa e per tale via, in assenza di progetto, al lavoro subordinato.
La riforma Fornero aveva infatti aggiunto un articolo, il 69 bis al decreto legislativo n. 276/2003.
La prestazione lavorativa resa da persona titolare di partita Iva, si presume come collaborazione coordinata e continuativa quando siano verificabili almeno due delle seguenti condizioni:
- durata complessiva della collaborazione superiore a 8 mesi nell’anno solare;
- corrispettivo, pari a più dell’80% dei corrispettivi del collaboratore nell’arco di due anni.
Questa percentuale è valida anche se il fatturato risulti a più soggetti riconducibili al medesimo centro di imputazione di interessi. - postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.
La medesima norma, disciplinava un’eccezione.
L’eccezione nasceva solo nel caso in cui il committente dimostrasse in maniera concreta l’esistenza di un vero e proprio rapporto di cooperazione tra professionisti.
Quali professionisti sono inclusi?
La c.d. Fornero, non si applicava neppure ai professionisti titolari di partita Iva che prestassero lavoro con competenze teoriche di grado elevato.
Ovvero capacità tecniche e pratiche acquisite mediante significativi percorsi formativi nell’esercizio concreto di tale attività.
Inoltre dovevano avere un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore ad 1,25 volte il minimale per i contributi di artigiani e commercianti.
Tale reddito nel 2012 ammontava a 18.663,00 €.
Ugualmente fuori dalle presunzioni Fornero, erano anche i professionisti con partita Iva che effettuavano prestazioni lavorative nell’esercizio di attività professionali per le quali risultavano iscritti ad:
- albo professionale;
- registro presso cciaa;
- elenchi professionali qualificati.
La norma non ha mai riscosso alcuna fortuna.
Infatti non si rammentano casi seriali di contestazioni e la commentaristica non riporta nemmeno scontri giudiziali in tema.
Dalla riforma del Job Act anche l’art. 69 bis della c.d. Fornero è stato abrogato.
I lavoratori autonomi
Ad oggi, ai sensi del Dpr 633/1972, i lavoratori autonomi che svolgono la propria attività in regime Iva, non possono essere soggetti a disconoscimento di status.
La normativa tributaria dà elementi certi per la qualificazione di lavoratore autonomo.
L’art. 1 del decreto Iva, dispone che sono operazioni imponibili quelle consistenti nell’esercizio di arti e professioni.
Ai sensi dell’articolo 5 del Dpr 633/1972: “Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche”.
La norma, infine, esclude dal regime Iva “le prestazioni di servizi inerenti ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa”.
Perciò è davvero arduo ipotizzare un provvedimento dell’amministrazione finanziaria atto al disconoscimento di una partita Iva e dunque al disconoscimento dello status di lavoratore autonomo.
Diverse invece sono le considerazioni che nascono laddove si pensi al tentativo dello stesso lavoratore autonomo di adire la via giudiziale per il disconoscimento del proprio status a favore di una riqualificazione quale lavoratore dipendente.
Il tentativo dovrebbe poggiare sul fatto che, i cosiddetti titolari di partita Iva, si differenziano dai co.co.co, per l’assenza del coordinamento, vale a dire del collegamento funzionale con l’organizzazione del committente.
Ma appare subito evidente che, il tentativo del contribuente con partita Iva che tenta la strada giudiziale per vedere disconosciuto lo status di lavoratore autonomo a favore di una status di lavoratore dipendente, cozza in maniera evidente con una sua scelta precedente quale soggetto che ha richiesto l’attribuzione della partita Iva.
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