La bozza della Legge di Bilancio 2025 introduce un’importante novità fiscale per il settore digitale: la web tax sarà applicata a tutte le imprese che offrono servizi online, senza più alcun limite di fatturato. Questa modifica amplia significativamente il campo di applicazione della Digital Service Tax, con implicazioni rilevanti sia per le grandi aziende che per le piccole e medie imprese.
Origini della web tax
La web tax italiana, nota come Digital Service Tax (DST), era stata istituita per tassare i ricavi delle grandi multinazionali digitali, le cosiddette Big Tech. L’obiettivo era garantire che queste aziende, spesso accusate di pagare poche tasse nei Paesi in cui realizzano profitti, contribuissero equamente al sistema fiscale italiano. La tassa si applica ai ricavi derivanti dalla vendita di servizi digitali in Italia, con un’aliquota del 3%, e non agli utili.
In origine, la web tax era riservata alle aziende con un fatturato globale di almeno 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni di euro generati da servizi digitali in Italia. Questo limite era stato pensato per colpire le grandi aziende, evitando di gravare sulle imprese più piccole che non avevano le stesse risorse per pianificare le loro imposte a livello internazionale.
Cosa cambia con la Legge di Bilancio 2025?
La bozza della Legge di Bilancio 2025 elimina completamente i limiti di fatturato per l’applicazione della web tax. Di conseguenza, tutte le imprese che vendono servizi digitali in Italia, incluse le start-up e le piccole imprese, saranno soggette a un’imposta del 3% sui ricavi a partire da gennaio 2026.
Questa estensione cambia radicalmente il panorama fiscale, imponendo obblighi anche a quelle aziende che, fino a oggi, erano esentate. La tassa sui ricavi si applicherà a tutte le attività di servizi digitali, indipendentemente dalla loro dimensione o redditività.
Impatto sulle piccole imprese e start-up
L’eliminazione dei limiti di fatturato suscita preoccupazioni, soprattutto per le piccole imprese e le start-up che potrebbero risentire maggiormente di questa nuova imposta. Per queste realtà, che spesso operano con margini ristretti o in perdita, un’imposta sui ricavi potrebbe rappresentare un onere significativo, compromettendo la loro crescita e la stabilità finanziaria.
Paradossalmente, la riforma rischia di avvantaggiare proprio le Big Tech. Le multinazionali, grazie alla loro struttura finanziaria e alle strategie di ottimizzazione fiscale, possono gestire meglio una tassa sui ricavi rispetto alle piccole aziende locali, che non dispongono delle stesse risorse.
Conclusioni
La nuova web tax estesa a tutte le imprese, senza limiti di fatturato, rappresenta una svolta significativa nella tassazione dei servizi digitali. Mentre l’intento è quello di garantire una maggiore equità fiscale, l’impatto sulle piccole imprese e sulle start-up rimane una preoccupazione concreta. Sarà essenziale monitorare l’evoluzione di questa normativa e valutare se saranno necessarie ulteriori modifiche per supportare il tessuto imprenditoriale italiano.
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