Sempre più di frequente può verificarsi la condizione in cui un soggetto debba svolgere contemporaneamente due lavori con diverso profilo fiscale.
Facciamo un esempio: un professionista titolare di reddito di lavoro autonomo con partita Iva ed uno con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto.
E’ legale svolgere contemporaneamente queste due professioni? La risposta è si.
Dopo questa premessa vediamo gli aspetti più importanti da conoscere sul contratto a progetto e partita Iva, invitandoti in caso di dubbi a scriverci nei commenti.
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La collaborazione a progetto nel 2017
Il mondo delle collaborazioni è stato disciplinato dal Jobs Act, art. 2 D.Lgs. 15.6.2015 n. 81.
Lo stesso dispone che, a partire dall’1.1.2016, si applica la disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazioni i quali:
- si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative;
- le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro.
Vediamo nel merito quali sono le co.co.co. ammesse nel Jobs Act.
Abrogati dal Jobs Act i vecchi artt. da 61 a 69-bis, D.Lgs. 276/2003 si consentono le collaborazioni coordinate e continuative in un numero limitato di ipotesi.
Fa eccezione l’applicazione delle “vecchie” norme solo per la regolazione dei contratti già in atto alla sua entrata in vigore.
In ogni caso possiamo ancora avere collaborazioni quali:
- le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche.
Tali discipline riguardano il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore; - le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi Albi professionali;
- le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
- le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni, come individuati e disciplinati dall’art. 90, L. 27.12.2002, n. 289. (art. 2, co. 2, D.Lgs. 15.6.2015, n. 81).
La partita Iva del collaboratore a progetto
Come abbiamo già anticipato, l’apertura di una partita Iva in costanza di contratto a progetto non è preclusa.
Vediamo di proseguire la nostra analisi su contratto a progetto e partita Iva analizzando insieme gli aspetti contributivi e fiscali.
Anche sotto sotto l’aspetto contributivo e fiscale non si segnalano problemi particolari.
Gli obblighi contributivi e fiscali del contratto a collaborazione saranno gestiti direttamente dal datore di lavoro.
Possedere una partita Iva
Vediamo ora le conseguenze fiscali e contributive che discendono dal possesso della partita Iva.
Se la partita Iva è quale professionista, i compensi saranno soggetti ad una contribuzione per il tramite della gestione separata INPS.
Inoltre andrà comunicato che gli ulteriori obblighi previdenziali ed assistenziali sono assolti da altro datore di lavoro nell’ambito di un contratto di lavoro dipendente.
In tema di problematiche contributive si ricorda che con risposta a interpello 65/2008 il ministero del Lavoro ha affrontato il tema della compatibilità – per un lavoratore autonomo, titolare di partita Iva – di un contratto di collaborazione a progetto.
Quest’ultimo, in base al decreto legislativo 276/2003 allora vigente, doveva essere riconducibile, come modalità organizzativa della prestazione, a uno o più specifici progetti o programmi di lavoro o fasi di esso.
Soggetto con partita Iva che inizia un’attività quale dipendente
Il caso in questione aveva trovato un palese via libera da parte dell’amministrazione finanziaria.
La circolare risale al 2012 ma si può tranquillamente considerare valida anche con la normativa attuale ed anche con un soggetto che adotta, quale regime forfettario.
La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 17/E del 2012 ha sottolineato che è concesso continuare ad applicare il regime fiscale di vantaggio ai soggetti che iniziano un’attività di lavoro dipendente.
Anche in ambiti omogenei a quelli che caratterizzano l’attività di lavoro autonomo o di impresa.
Questo perché non è rilevante nessun spostamento di imponibile verso un regime più vantaggioso per il contribuente.
La nuova partita Iva sempre con il regime forfettario
Quando il regime agevolativo era il regime dei minimi non sempre in effetti l’adozione dello stesso era permesso.
Era ammessa, in costanza di un contratto a progetto a tempo determinato, aderire al regime dei minimi, a meno che la nuova attività non costituisse la mera prosecuzione della precedente come dipendente.
Cosa si intende per mera prosecuzione?
Si intende lo stesso settore dell’azienda del (ex) datore di lavoro, stessa clientela ed utilizzo degli stessi beni strumentali.
Nello specifico ““la condizione di cui alla lettera b) del comma 2 dell’articolo 27 […], secondo cui l’attività da esercitare non deve costituire, in nessun modo, una mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente, non opera laddove il contribuente dia prova di aver perso il lavoro o di essere in mobilità per cause indipendenti dalla propria volontà”.
Nel caso in cui la conclusione del rapporto lavorativo a tempo determinato fosse stato causato da eventi non dipendenti dalla volontà del lavoratore medesimo, sarebbe stato possibile accedere al regime dei minimi.
Ebbene, con il regime forfettario sono venuti meno i problemi di analisi di compatibilità tra contratto a progetto e partita Iva che consentano o meno il regime agevolativo.
La risposta è banale: il regime forfettario è sempre consentito in quanto lo stesso è un regime naturale.
La mera prosecuzione tra le due attività potrà, al massimo, causare il mancato riconoscimento della riduzione dell’aliquota sostitutiva dal 15% al 5%.
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